Farmaci oppiacei, in Italia ancora preconcetti e scarsa informazione
Permangono nel nostro Paese pregiudizi e disinformazione sull’utilizzo dei farmaci oppiacei.
A dimostrarlo l’ultimo Rapporto al Parlamento sullo stato di attuazione della Legge 38/2010 nel 2012, Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore, che riporta – tra gli altri – i risultati emersi dall’indagine condotta da Fondazione ISAL su 5.500 cittadini, tra il 2009 e il 2012, per fotografare lo stato di conoscenza degli italiani sulle problematiche legate al dolore.
Secondo il rapporto ISAL, il 30% degli italiani considera i medicinali oppiacei come farmaci da utilizzare solamente in caso di dolore da cancro. La classe terapeutica più conosciuta e ritenuta utile, a scopo antalgico, è quella costituita dagli antinfiammatori non steroidei (FANS): ciò evidenzia quanto sia necessaria una educazione civica e formazione sanitaria sul tema dell’appropriatezza degli analgesici. Al secondo posto, nella classifica dei farmaci anti-dolore più noti, troviamo il paracetamolo e, solo al terzo posto, gli oppioidi.
In generale, comunque, il 53% della popolazione intervistata assumerebbe farmaci oppiacei per “un dolore che non passa nel tempo” ma solamente il 12% li utilizzerebbe anche per dolori osseo-muscolari. Un atteggiamento oppiofobico che, fortunatamente, è meno radicato nei soggetti più giovani, d’età compresa tra i 30 e i 50 anni, i quali in caso di dolore severo – di qualsiasi natura – reputerebbero indicato il ricorso a questa categoria di analgesici.
Inoltre, il 63% del campione – percentuale ancora una volta costituita in prevalenza da soggetti giovani – considera necessarie le cure mediche in caso di dolore, in attesa di ulteriori indagini per definire la diagnosi; al contrario, con l’avanzare dell’età anagrafica, aumenta il bisogno di conoscere la causa all’origine della sofferenza, prima di iniziare una terapia; il 55% dei cittadini intervistati (soprattutto over 70), tuttavia, non è al corrente che possa esistere un dolore cronico indipendente da qualsiasi causa o malattia.
Critico, infine, risulta lo scarso livello di conoscenza dei centri di terapia del dolore negli ospedali; da questo punto di vista, più informate risulterebbero essere le persone tra i 50 e i 70 anni.
FONTI: Relazione al Parlamento
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